Simonetta Paloscia, il suo cognome racchiude una bellissima e curiosa storia legata all'Arte. In questa intervista la approfondiremo. Intanto, ci racconti un po' di lei...
Mi ritengo una persona molto curiosa e quindi interessata a tanti argomenti diversi. Come scelta di studi prima e lavorativa dopo ho privilegiato gli aspetti scientifici laureandomi in Scienze Agrarie e lavorando poi col Consiglio Nazionale delle Ricerche su temi di tipo ambientale e di osservazione della Terra dallo spazio. Non sono sicura che certe scelte non siano anche state dovute ad una volontaria presa di distanza dall’ambiente familiare e dalla figura un po’ ingombrante di mio padre. Ho sempre avuto il timore che di me si dicesse, se mi fossi occupata per esempio di storia dell’arte, “per forza, è la figlia del Paloscia!”. Questo non toglie che l’arte contemporanea insieme con la letteratura siano alcune mie passioni che ho sempre coltivato a latere. Tanto per fare un esempio scrivo poesie e ho anche pubblicato qualche libriccino per mia soddisfazione personale.
Suo padre, Tommaso Paloscia, è il fondatore del Museo all'aperto di Castagno. Lei era una bambina. Che ricordi ha di quegli anni '70 in cui Castagno era un rinomato luogo di villeggiatura e frequentato da tanti artisti?
Allora, tanto bambina non ero, visto che nel 1974 quando è cominciato il premio Castagno avevo bene o male già 16 anni. Per me è sempre stato un grande divertimento vedere il paese trasformarsi in quelle estati e passare dalla fase sonnolenta e un po’ noiosa, tipica di tutti i piccoli paesi soprattutto in periodo estivo, ad una attività frenetica dove tutti erano impegnati a fare le cose più disparate. Chi dipingeva, chi cucinava, chi cercava oggetti necessari e mancanti, chi girava per il paese. Insieme alle attività del Premio c’erano infatti anche quelle legate ad altre iniziative, come l’ex-tempore, le cacce al tesoro, le cronoscalate che erano invece organizzate dall’Avvocato Buzio e che portavano tante facce nuove in paese. La maggior parte degli artisti del Premio Castagno erano quelli che frequentavo a Firenze in occasione delle inaugurazioni delle mostre e delle cene e che quindi conoscevo molto bene.
Chi era suo padre?
Bella domanda! Difficile rispondere. Era una persona deliziosa (ma lo so che sono di parte), molto dolce, curiosa, abbastanza schiva. Giornalista, critico d’arte, ma anche, e non tutti lo sanno, caricaturista e disegnatore e come lo ha definito qualcuno “uno dei personaggi più sommessi e straordinari di Firenze”. Giampiero Masieri, uno dei suoi colleghi de La Nazione ha scritto di lui quando è scomparso: “I colleghi anziani lo chiamavano Sisino, quelli di mezzo Tommaso, i più giovani dottor Paloscia. “La Nazione” aveva una sorella, minore ma non dimessa, “Nazione Sera”. Redattore capo, con il potere di fare e disfare, era Tommaso Paloscia, giornalista anzitutto, ma anche vignettista e non ultimo pittore.” Per me un babbo (anzi papà perché lui non era toscano e il termine babbo non gli era familiare) affettuoso e meraviglioso, non molto presente fisicamente perché al giornale aveva orari terribili, ma che mi teneva sulle ginocchia per farmi disegnare “Conchio”, come lo chiamavo io, ovvero Pinocchio.
E perché secondo lei si è innamorato di questo luogo? Cosa ha di tanto speciale Castagno?
L’innamoramento per Castagno è venuto in seguito alla ricerca di un posto dove trascorrere le domeniche e parte delle ferie estive. Un suo collega, Fernando Chirici, gli suggerì questo posto perché anche lui aveva casa qui. Cominciammo venendo un’estate, come si faceva in tanti all’epoca (ed ero sì veramente una bambina) affittando una stanza in una casa del paese (credo anche di ricordarmi quale). Poi mio padre comprò un pezzetto di terra tanto per poter venire a fare dei pic-nic domenicali e poi infine la casa, che ancora è nostra, un po’ fuori paese. Castagno è un posto dell’anima e non solo degli occhi. Voglio dire che il paesino è delizioso ma per me è anche ricordi d’infanzia, quando si veniva su anche con mia nonna e si scaldavano i letti col ‘prete’ e io e lei si dormiva nello stesso lettino, una da capo e l’altra da piedi. Vuole dire l’odore delle ‘bruciate’ (o ‘fruciade’ come le chiamano qui), il puzzo di fumo del camino che non tirava, la nebbia appenninica, le giornate di pioggia chiusa in casa a leggere. In sostanza, odio e amore, odio soprattutto in inizio di adolescenza (13-14 anni) quando non mi piaceva venire su e avrei preferito restare a Firenze con gli amici.
Che rapporto esisteva in quegli anni tra il Museo, quindi l'arte, e gli abitanti del borgo?
Come in tutti i posti c’erano persone favorevoli a cui le iniziative piacevano e che si davano da fare per cercare di aiutare mio padre e l’Avvocato Buzio in tutte le loro richieste, ed altri che erano sostanzialmente indifferenti o addirittura contrari. Uno dei più grandi ‘sostenitori era Ildo il proprietario della bottega e poi del ristorante che metteva a tavola senza battere ciglio tutte le persone che mio padre portava a Castagno. E ovviamente la Pro-loco onnipresente organizzatrice di tutte queste attività, soprattutto nelle persone dei fratelli Romagnani (Aldo e Giovanni, il primo sempre superattivo e il secondo purtroppo scomparso troppo presto).